lunedì, aprile 21, 2008

I Prodigi della Memoria

Alexander aveva ragione! Mi sono trovato a fianco del famoso prestigiatore ad un seminario alcune settimane fa. Le sue dimostrazioni di capacità mnemonica ci hanno stupito tutti.
Il suo consiglio è stato quello di leggere il libro di Matteo Salvo, Il segreto di una memoria prodigiosa, Gribaudo editore.
Una lettura affascinante, uno stimolo ad esercitare la nostra mente in periodo in cui palmari, navigatori e altre diavolerie ne stanno sempre più riducendo l'uso.
Come dice il detto, use it or lose it, usa la mente o la perdi.

venerdì, marzo 28, 2008

Il Manager del Cambiamento


Grazie all'amico GianCarlo Manzoni, esce il primo libro che porta anche la mia firma. Come dice Benigni ormai non è più da chiedere un autografo a chi scrive un libro ma a chi lo legge.
D'altro canto questo libro nasce proprio dalle tante letture e dalle tante conversazioni che per lavoro e per passione abbiamo tenuto sull'affascinante cammino di chi non vuole fermarsi e vuole anzi trovare proprio nel contesto aziendale uno stimolo alla crescita propria e delle persone che gli stanno attorno.
Buona lettura e .... di sicuro chiederò un autografo a chiunque troverò leggere questo libro!


Il libro nasce dai corsi di formazione realizzati da e-Consultant per Microsoft, in partnership ufficiale con Microsoft Aula PMI. Gli argomenti trattati hanno anche un seguito direttamente in aula attraverso un percorso di master brevi interaziendali patrocinati da Microsoft Aula PMI. Per saperne di più: collana eConsultant. Argomenti trattati in questo volume: (1) Il manager del cambiamento; (2) Gestire il cambiamento; (3) Visioni di cambiamento; (4) Facilitare il cambiamento; (5) Passaggi e vie verso il cambiamento. Prefazione di Giorgio D’Amore (Presidente Giovani Imprenditori Assolombarda). Postfazione di J. M. Campbell (European Regional Representative International As - sociation of Facilitators).

sabato, marzo 24, 2007

Manager o Monaci?

E' da sempre che sento la necessità di legare il fare impresa con valori più alti; che penso al lavoro organizzato, all'impresa, come un contenitore di opportunità per l'uomo di realizzarsi in pienezza come individuo e come comunità.
Folador mi ha affascinato con questo libro che ripercorre la regola di San Benedetto e la rilegge alla luce delle nostre comunità-imprese scoprendo una lezione di management tanto profonda quanto attuale.
Regola che prima ancora di dare istruzioni operative si preoccupa di andare dritta al cuore dell'uomo per ottenere l'attenzione della sua mente e delle sue braccia.
E' un uomo a cui si raccomandano valori come l'ubbidienza, il silenzio, l'umiltà, che non sembrano in linea con l'inflazione di stimoli sviluppare leadership e comunicazione che ci sommergono quotidianamente.
E' un uomo che non si preoccupa di apparire ma che approfondisce. Che si pone in ascolto con attenzione per comprendere le cose in profondità. Che attraverso il silenzio riesce a fare spazio all'essenzialità "veglierò sui miei passi per non peccare con la lingua: tenni a freno la mia bocca, ammutolii, mi umiliai e non parlai nemmeno di cose buone."
Silenzio allora come dimensione della profondità capace di dare peso e sostanza, forma, ai nostri pensieri che poi si fanno parole pesate e pesanti. Silenzio che rende bella la parola.
Ed infine l'umiltà come capacità di mettersi in discussione, di essere aperti al cambiamento e di non difendere le nostre posizioni.
Una dimensione di sviluppo personale che è quindi alla base dello sviluppo comunitario ed un capo, un abate, che ha come prima responsabilità dello sviluppo delle persone a lui affidate attraverso una guida autorevole che conduca attraverso la personalità in una fusione di testa e cuore.
Sviluppo personale che è la prima regola per chi debba guidare gli altri: non puoi guidare gli altri se non hai impartao a guidare prima te stesso, i tuoi pensieri e le tue emozioni.
Una guida allora che ha a cuore lo sviluppo personale delle persone a lui affidate e che alla loro responsabilità ed alla loro motivazione affida il raggiungimento degli obiettivi comuni. Una guida che sa di essere a capo più pre giovare agli altri che per comandare: capace di curare lo sviluppo ed il valore del singolo dentro il coordinamento con l'intera organizzazione.
Una regola allora che prima di essere regola richiede lo sviluppo di doti di discernimento e di discrezione per poter andar oltre alla norma, alla legge ma che sia capace di andare al cuore della persona accogliendo e valorizzando la diversità: "segua dunque questo ed altri esempi di discrezione, che è la madre di tutte le virtù, e regoli tutto in modo che i forti abbiano di che desiderare ed i deboli non si sgomentino".
Un vero capo allora deve aver prima maturato un suo percorso personale di crescita prima di poter guidare in profondità gli altri. Un percorso di crescita continuo e che non si fermi alle tecniche ed alle competenze professionali ma che coinvolga in pieno la sua persona e ricordando sempre della sua fragilità.
In questo San Benedetto tocca un altro punto forte per il nostro fare impresa-comunità anche al giorno d'oggi: chi guida deve aver la capacità di cogliere il suo limite e farsi supportare dai fratelli anziani saggi, rinunciando eventualmente momentaneamente alla leadership per poterla manifestare più efficacemente nel tempo. Come ricorda Folador, la comunità serve a condividere i successi ma anche a fare quadrato interno al capo e a supportarlo nelle scelte quando le circostanze lo richiedano.

Significativo che Benedetto sia anche il nome scelto da Joseph Ratzinger per il suo apostolato come papa.

domenica, febbraio 04, 2007

Liberarsi della scatola


La scatola è la metafora che l'Arbinger Institute utilizza per indicare i meccanismi di autoinganno nei quali ci si incastra nelle relazioni personali e professionali.
La lettura del libro Leadership e Autoinganno è una stimolante scoperta di come tanti conflitti e tanti blocchi relazionali nelle nostre aziende e nelle nostre famiglie siano ad un tempo tanto facili e tanto difficili da risolvere.
La chiave può sembrare tanto semplicistica quanto profonda.
Lasciare le autodifese e la centratura su di sè per aprirsi agli altri e a quello che sentiamo essere giusto fare aiuta ad evitare quei meccanismi di autoinganno per cui andiamo a leggere la realtà in modo da enfatizzare i limiti altrui e le virtù proprie giustificando se stessi ed incolpando gli altri in un meccanismo di circolarità negativa tanto nefasta ma anche tanto presente nelle organizzazioni.

martedì, gennaio 23, 2007

Caos Calmo

Sempre a leggere saggi di organizzazione.... questa volta invece spunti per pensare ci sono stati proposti dall'ultimo romanzo di Sandro Veronesi, libro ricevuto in regalo e preso per passare il tempo in aereo ed in albergo e invece tanto avvincente da non potersene staccare.

Come racconta Veronesi nell'articolo che si può trovare nelle pagine che gli sono state dedicate da Bompiani, tutto nasce dalla lettura fatta da Veronesi degli impatti delle fusioni sulle persone che ne vengono coinvolte.
Ecco quello che scrive il responsabile del personale per condividere le sue riflessioni con il protagonista:

"...che cos'è una fusione? Una fusione è il conflitto di due sistemi di potere atto a crearne un terzo, realizzata per finalità finanziarie. E' concepita per creare valore per gli azionisti, o per le banche d'affari, non per gli esseri umani che lavorano nelle aziende, per i quali una fusione è, al contrario, il trauma lavorativo più violento che possa essere loro inflitto.
Una volta che si è trovato l'accordo sulla transazione, cosa che non è affatto facile, si ha la tendenza a credere che il più sia fatto. Questa convinzione deriva dalla storica sottovalutazione che il mondo dell'economia riserva al fattore umano, e, più in generale, alla psicologia. Ma è sbagliata. I problemi più grossi di una fusione non sono legati al documento che la sancisce.
Prima che di cifre, infatti, un'azienda è fatta dagli uomini che ci lavorano, cioè dai suoi dipendenti, e dopo l'annuncio di una fusione la reazione di incertezza....
Dopo una fusione bisognerebbe parlare con i dipendenti, informarli ed aggiornarli tutti il più spesso possibile; il dipendente ha bisogno di fiducia, di sentire che non è considerato solo una pdina. Invece gli viene riservato un discorso standard, buttato giù una volta per tutte da un paio di consulenti in comunicazione interna, che ha il solo effetto di accrescere le sue preoccupazioni. Quelle dichiarazioni asettiche su future sinergie che non toccheranno il personale sono ipocrisia bella e buona, poichè tutti sanno che l'unica garanzia concreta per creare valore sui mercati è la riduzione dei costi aziendali, e le riduzioni dei costi sono realizzate all'80% con tagli del personale....
E' una situazione altamente destabilizzante e ci sono solo tre categorie di persone che riescono a reggerla: i fedelissimi, i voltagabbana e i collaborazionisti. Tutti gli altri rischiano di andare a picco... così il risultato più comune durante le fusioni è che una grande quantità di ottimi elementi lascia volontariamente il proprio incarico, prima ancora che la fusione sia compiuta... cosa considerata con favore perchè allegerisce la successiva azione di taglio ma che rappresenta una perdita secca.
Perchè gli uomini e le donne che se ne vanno si portano dietro le proprie conoscenze e le proprie capacità tecniche ed a fronte del valore virtuale creato sul mercato il risultato reale è uno spaventoso impoverimento."

Il bello è che sento sempre più persone consapevoli di questo e pronte a sviluppare qualcosa che possa aiutare a creare valore vero, come l'amico John, di Vilkelis & Associates, che dopo aver tanto lavorato in multinazionali che gli hanno fatto vivere tante esperienze di fusioni, sta formalizzando la necessità di due dilingence degli intangible a valorizzare il capitale umano presente in azienda e a valutarne la congruenza con le società con cui lo si vuole fondere.

sabato, gennaio 13, 2007

E allora, dottore, come sta la mia azienda?



Recentemente un noto imprenditore che ha lasciato in modo più o meno traumatico la gestione dell'azienda da lui fondata e sviluppata, si è tolto un sassolino dalla scarpa criticando l'attuale gestione che si sta affidando ad una grande società di consulenza per una revisione strategica.

Legittima critica di un imprenditore che afferma il diritto dovere dell'imprenditore di non delegare ad altri la gestione strategica della sua impresa. Allo stesso modo potremmo dire che è legittimo non delegare neanche la gestione ordinaria. Altrimenti che ci stanno a fare i dipendenti ed i manager in azienda?

A volte però, il desiderio di autonomia ed il bisogno di dimostrare che si sa condurre l'azienda, può portare a non verificarne lo stato di salute e prevenirne situazioni di crisi e di disagio. Fino a quando al capezzale moribondo della nostra azienda chiamiamo i più grandi luminari che però ormai poco possono fare per risollevare la situazione.

Si arriva così a due situazioni limite che troviamo anche nella cura del nostro corpo: da una parte chi non va dal medico neanche quando l'età e la condizione suggeriscono periodici check up di controllo, salvo poi scoprire troppo tardi la presenza del male; e chi ci va troppo spesso, intasando le sale d'attesa dei medici di famiglia e chiedendo visite su visite di controllo anche quando non è necessario... Molière, col suo malato immaginario ci aveva già ben istruito su questo tipo di figure.

Cosa fare quindi per tornare alle nostre aziende?

Probabilmente la cosa è più ovvia di quel che si pensa, ma sempre tanto difficile da realizzare in azienda: imporsi di dedicare del tempo per verificare lo stato dell'arte dell'azienda nei confronti del mercato esterno e nei confronti dei suoi sistemi interni di gestione.

Presi infatti dalle quotidiane emergenze, o – a volte, diciamocelo - dalla abitudine di giudicare di scarso valore tutte quello che non è fare, fare fare, rischiamo di cadere nel meccanismo che aveva intrappolato quel boscaiolo che continuava a segare con la sega spuntata perchè non aveva tempo di affilarne la lama.

La proposta che Formazione Unindustria Treviso fa con il suo corso del prossimo 29 gennaio, ANALISI COMPETITIVA ED ORGANIZZATIVA DELLA REALTA' AZIENDALE vuole stimolare una riflessione sul sistema azienda e sulla necessità che in azienda ci si dia il tempo per valutare il suo stato di salute.

Due le aree di riflessione: la salute della nostra azienda rispetto al mercato di riferimento da una parte e rispetto alla propria organizzazione interna dall'altra.

Nella prima parte della giornata si rivedranno insieme alcuni strumenti di analisi strategica, tanto usati dalle società di consulenza di cui sopra ma che possono e debbono diventare lo strumento quotidiano di riflessione per l'imprenditore ed i suoi collaboratori per valutare la propria forza competitiva rispetto ai concorrenti, ai clienti, ai fornitori.

Nella seconda parte della giornata il fuoco dell'attenzione si rivolge all'interno dell'azienda, ai suoi meccanismi di gestione ed agli strumenti utilizzati.

Non è quindi tanto e solo l'occasione di riflettere sulle più recenti innovazioni nelle diverse aree aziendali quanto un'opportunità per rivedere la nostra azienda come un sistema integrato di gestione che deve vedere un continuo ed organico processo di miglioramento in tutte le sue aree.

Come si dice, una flotta viaggia alla velocità della nave più lenta.

Poco importa che si migliori una funzione aziendale, un servizio, un prodotto, se poi questo sforzo viene frenato dai limiti di altre aree.

L'azienda, come un corpo, può e deve avere delle aree di eccellenza ma non può e non deve avere delle aree che non garantiscano l'equilibrio complessivo dell'organismo, pena l'inefficienza dell'intero sistema.